“Le Colonne d’Ercole”

testo in catalogo di Michèle Moutashar

“Le Colonne d’Ercole”

In primo piano, in basso dell’immagine, la strada, lucente trapuntata di bianco, mutevole,brillante come il mare,resa spumeggiante dalla velocità, il ricordo delle distanze, il pulviscolo del giorno che si alza. Linea della latitudine, instabile sotto i passi, che si muove in basso dell’immagine e si fa specchio.

Nulla di meno stabile di quella riva là.

Al di là (o al di qua?) si distende, diverge,erra, rende fertile l’infinito; e questa incertezza tra le parole appare all’improvviso come l’indice di una geografia.

Cielo rarefatto fino al bianco, dove l’orizzonte trabocca.oscillare di cammini obliqui, risucchianti la strada e il cielo; più lontano luccichio di foglie, limpidissime, annerite fino al riflesso, rigonfiarsi di erbe come per un improvviso sollevarsi del terreno.

Natura limpida, così chiaramente in movimento.

Appare,sorgendo di quando in quando, mostrandosi tra due, il doppio profilo dei pilastri , dove l’occhio (il paesaggio?) tenta di soffermarsi, pietre miliari, cancelli, colonne come altrettante bitte d’ormeggio,messe ai bordi, passaggi spalancati o impenetrabili barriere, segnali luminosi come “trompe-l’oeil” antiche rovine,insicure come a Venezia al limite dei pontili.

Qualche cosa, evidentemente, abita questo paesaggio,ne  fa continuamente muovere le rive, spostare i limiti,invertirne il senso. Di lontano, sulla deriva della pianura, da vicino, nel frangersi delle radure, e il fondo limpido e nero del fogliame, le immagini delle Colonne d’Ercole pongono invariabilmente il quesito del luogo della loro apparizione.

Un eccesso di acque rafforza l’impressione del riflesso, le colloca misteriosamente, vegetali o minerali, nel mondo delle immagini rovesciate.In quale parte dell’infinito, sparsa dopo la riva, ricamata di bianco o pavée di solitudine, crede l’architettura di questi portali dove tutto ci dice che è un tuffo nel paesaggio che ella sospinge all’incontro col cielo ?

Può essere  che sia questo che dia la sensazione,costante dopo la primissima immagine, che la silhourtte di questi pilastri non cessi di darci un segnale, ravvisando subito l’eco delle campane della Recherche, intravisto nella mobilità delle colline di Martinville e l’intuizione che esse rispondano qui alla sovrabbondanza, invisibile,sotto-traccia, imprevedibili, indimenticabili, di sonnambuli deliri del Po.

         Michèle Moutashar