“Ade”

testo in catalogo di Elena Alfonsi

“SMISURATO PROFONDO”          

di Elena Alfonsi

È stupefacente come scaturisca da questo Progetto il grande mistero di una sincera devozione alla Vita che accolga il pensiero dell’Oltre nella materia “segnata”. Segni in immagini manipolate, per raccontare il passaggio sull’acqua che scorre verso l’Ade attraverso un luogo che sa molto di chi l’ha creato e della nostra storia umana. Il “ritmo di voga” scandisce e coordina lo sviluppo e la struttura di uno spazio fantastico in cui si attua la tenace operazione di inveramento del racconto. Cesare Di Liborio, come ogni uomo, sa che per sopravvivere deve conoscere andando alla ricerca di ciò che possa allontanarlo dalla fine. Ma l’essere umano che cosa diventerà dopo la Vita? È questo il fulcro che lega le immagini l’una all’altra e le accomuna in un viaggio di fantasia dove l’incontro con demoni, angeli e madonne è la realtà esistenziale di un percorso scenografico, un perfetto diorama di ambienti sconosciuti in cui il segno si imprime nella materia in connotazione indelebile e le impone il suo essere null’altro che se stessa.

Muove da una stretta superficie traslucida la piccola imbarcazione lungo la parete rocciosa incombente, spettrale. Si avvia, pennellata nel silenzio dello sguardo rotto soltanto dall’immaginario flebile suono dell’acqua, per attraversare sipari senza legacci che ne favoriranno il passaggio e l’andare alla conoscenza dell’ignoto. Nel viaggio il pensiero del Fotografo s’addentra nell’immensità che è insieme il senso di un infinito spaziale e temporale, quasi pensasse anch’egli “e il naufragar mi è dolce in questo mare”, guardando al limite come a un naufragio, un finire di quell’io che conosce soltanto la Vita, il suo limine, l’affanno dei giorni. Scenari, configurazioni di aspetti possibili di ciò che non conosciamo, dati dai fogli neri lavorati, come cura di un’Occidente che cresce sul fondamento dell’estremo terrore del nulla. Ma l’uomo non è nulla e non lo sono le sue creazioni, e di fronte a questa assoluta convinzione si pone la ricerca di Cesare Di Liborio. Ogni scatto è un correre al riparo dall’inevitabile che nutre ogni timore. Sul fluire costante di un’epoca che fugge come l’acqua scorrono le immagini, rese dai chimici che attaccano la gelatina, di una millenaria terra sotterranea senza confini. Un percorso coperto ed eroso dal tempo, in cui gli occhi si impigliano nei resti di un’indagine che affonda le sue radici ancora nel lontano passato dell’uomo. È faticoso nell’Arte l’abbandono del simulacro demoniaco, angelico, divino, di idoli antichi incatenati alla carne da secoli. Lo strumento del Fotografo è l’azione di ricerca della conoscenza in una steppa che diventerà deserto, in cui egli indagherà del divenire e dell’essere per porre domande forti, ansiose di risposte assolute. Verità velate e svelate nella camera oscura, la stanza da cui raggiungere l’implacabile fissità di paesaggi immaginari nella pratica costruttiva della trama. Il Regno dell’Oltre è un insieme tonale ben armonizzato sulla carta lavorata che, nell’adattamento di chi osserva, acconsentirà di retrocedere e porsi in sott’ordine poiché quest’Opera Fotografica ha un proprio ordine inflessibile di spazio creato dalla luce. Interventi per luoghi prospettici illusori che portano lontano non solo dagli altri, ma anche da qui, da questo sapore di scena divisa dalla parete/diaframma che accoglie minacciosa, tra rocce, pendii verticali e paludi, la tenebrosa galleria di reperti in uno sfacelo secolare, che paiono farsi beffe di ogni sguardo severo. Fragili presenze vaganti calcano la scena in un comporre d’abbandono gaudioso, fluido tracciato di frammenti posti in antri da cui non giungono voci. Guardate! Il giro di danza dei liquidi altera le superfici e si configura nella capacità di reazione della carta. Esso conforma il pensiero deciso, non offre sentieri di fuga ma lascia alla terra un cammino di catarsi che metta alla prova “la regina di tutti i terrori”.

“THE IMMEASURABLE DEEP”          

by Elena Alfonsi

It is amazing how the great mystery of a sincere devotion to Life that embraces the hint of Beyond in the “etched” medium is so evident in this Project. Effects created in manipulated images to narrate the passage of water that flows towards Hades through a place that greatly resembles its creator and our human history. A “rowing rhythm” articulates and coordinates the development and structure of a fantasy-space where the determined endeavour to make the story come true takes place. Just like any other man, Cesare Di Liborio is aware that to survive he needs to know by searching for what can further him from the end. But what do human beings become after Life? This is the core-most element that links the images to each other and unites them in a journey through an imaginary world, where encounters with demons, angels and Madonnas become the existential reality of a scenographic pathway, a perfect diorama of unknown places where the mark they leave is indelibly impressed in the medium and imposes upon this its state of being nothing more than itself.

A little boat moves over a narrow translucent surface beside a looming, spectral rocky wall. It sets off, softly visible in the silence of a glimpse disturbed only by the faint, imaginary sound of water, to cross unrestrained veils that facilitate its passage towards knowledge of the unknown. During the journey, the Photographer’s thought penetrates an immensity that is both a sense of spatial and temporal infinity, almost as though he also believes that “e il naufragar mi è dolce in questo mare” (“and sinking in this sea is sweet to me”), scanning the limit like a castaway, the end of that self who knows only Life, its outset, the bustle of every day. Scenarios, configurations of possible aspects of what we do not know appear on the etched black sheets, like a cure for a Western world that flourishes on the foundation of an extreme terror of Nothingness. But man is not nothing and neither are his creations, and it is on this absolute conviction that Cesare Di Liborio’s research is focused. Each photograph is a run for shelter from the inevitable that nourishes every fear. The images, created by the chemicals that etch the coating on the paper, flash by on the passing of an era that flees like water, of a limitless millennial underground land. A covered pathway eroded by time, in which the eyes become caught in the remains of a quest still rooted in the distant past of mankind. Abandoning the demonic, angelic, divine simulacrum of ancient idols chained to the flesh for centuries is arduous in Art. The Photographer’s tool is his action in the pursuit of knowledge in a steppe destined to become a desert, where he will investigate Becomingness and Beingness to raise hard questions and anxiously await absolute answers. Truths concealed and revealed in the darkroom, where the implacable fixity of imaginary landscapes is achieved by the way the process develops. The Realm of Beyond is a well-harmonized tonal spectrum on the support, allowing the beholder to stand back and think again, because this Photographic Work has its own unyielding order of space created by the light. Illusory perspective fields of view that not only lead far from the others, but also from here, from this hint of a scene divided by the wall/membrane that menacingly embraces, between rocks, vertical slopes and marshes, the gloomy array of relics in centuries-old disrepair, which seem to scoff at every glare of scrutiny. Fragile roaming presences play a leading role in a game of joyful abandon, fluid tracery of fragments in cavities that voices cannot reach. Look here! The swirling dance of liquids alters the surfaces and adds to the reaction capacity of the medium. It conforms the decisive thought, offers no escape route but bequeaths to the earth a pathway of catharsis that puts even “the queen of all terrors” to the test.